5 falsi miti sulla transizione energetica

2, Set 2024 | Efficienza energetica, NEWS DAL MONDO SUNCITY

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I falsi miti sulla transizione energetica sono tra le cause del rallentamento della crescita delle fonti rinnovabili in Italia e mettono in dubbio il fatto che le rinnovabili possano davvero diventare protagonista di un nuovo sistema energetico, più sostenibile e conveniente, oltre che sicuro. Lo afferma un rapporto dettagliato di Italy 4 Cimate che sfata i falsi miti sulla transizione energetica ed evidenzia il potenziale dell’Unione Europea per non perdere la leadership mondiale nella lotta contro il cambiamento climatico.

Il rapporto, intitolato “Europa, un voto per il clima“, esamina i pregiudizi che vedono la transizione energetica come una minaccia e mette in evidenza le opportunità che essa rappresenta per l’Europa e che sono stati al centro del dibattito politico delle elezioni europee.

I 5 falsi miti sulla transizione energetica

  1. Perdita di competitività: C’è il timore che l’UE, accelerando sulla decarbonizzazione, rischi di perdere competitività sul mercato globale. Tuttavia, la transizione energetica è in corso e un numero crescente di imprese sta già rivedendo le proprie priorità di investimento. Dal 2016, gli investimenti globali nelle energie pulite hanno superato quelli nei combustibili fossili, con 1.700 miliardi di dollari investiti nelle energie pulite nel 2023 rispetto ai poco più di 1.000 miliardi nei combustibili fossili e questo trend è destinato a rafforzarsi nel tempo.
  2. Impatto sull’economia e occupazione: Si crede che le politiche climatiche troppo ambiziose dell’UE possano danneggiare economia e occupazione. In realtà, la crisi climatica rappresenta la principale minaccia per l’economia e investire nella transizione è conveniente. Gli interventi necessari per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 costerebbero l’1-2% del PIL mondiale, ma eviterebbero costi fino al 9% del PIL causati dalla crisi climatica. Inoltre, il numero di occupati nel settore delle energie pulite ha già superato quello dei combustibili fossili e si prevede che continui a crescere.
  3. Ruolo dell’UE nelle emissioni globali: Si pensa che l’UE possa fare poco o nulla sulle emissioni globali e debba attendere che tutti i Paesi si mettano d’accordo. In realtà, l’UE è il quarto emettitore al mondo e insieme agli altri big emitters (Cina, USA e India) produce il 54% delle emissioni globali. L’azione dell’UE può quindi incidere significativamente sugli equilibri climatici globali.
  4. Obiettivi troppo ambiziosi: Si ritiene erroneamente che l’UE stia perseguendo obiettivi troppo ambiziosi e dovrebbe rallentare. In realtà, la crisi climatica sta accelerando più del previsto, con la temperatura media globale nel 2023 che ha registrato un aumento di +1,48°C rispetto al periodo preindustriale. L’UE è l’unica tra i grandi emettitori ad aver ridotto le emissioni dal 1990 ma non è ancora in linea con gli obiettivi sottoscritti a Parigi nel 2015.
  5. Neutralità tecnologica: L’idea che l’UE debba adottare un approccio di neutralità tecnologica, evitando di fissare obiettivi specifici e vincolanti per le singole tecnologie, è errata. Per affrontare la crisi climatica e azzerare le emissioni nette entro il 2050, è necessario dare un segnale chiaro agli operatori economici sulle prospettive di crescita e di investimenti delle singole tecnologie. L’Agenzia Internazionale dell’Energia, ad esempio, raccomanda di sospendere la vendita di nuove caldaie a gas entro il 2025 e di fermare la vendita di auto a combustione interna entro il 2035.

Confronto tra i Big Emitters

Il rapporto presenta anche un’analisi comparativa tra Cina, USA, India e Unione Europea, evidenziando i progressi fatti e soprattutto gli impegni messi in campo per accaparrarsi la leadership economica e tecnologica nella transizione:

  • Cina: Primo emettitore globale con un aumento delle emissioni del 285% dal 1990 al 2022. Nel 2023 ha investito 673 miliardi di dollari nella transizione energetica e prevede di installare oltre 1.200 GW di capacità rinnovabile entro il 2025. La Cina è il primo emettitore ma anche il primo investitore in tutti gli ambiti della transizione energetica.
  • USA: Le emissioni sono diminuite del 2,4% dal 1990 al 2022. Gli investimenti nella transizione energetica hanno raggiunto i 303 miliardi di dollari nel 2023, con obiettivi di riduzione del 50% delle emissioni dal 2005 entro il 2030 e neutralità climatica entro il 2050. In rapporto alla popolazione, gli USA mantengono il primato di emissioni pro capite e hanno cominciato tardi a ridurre le emissioni ma ora sono di nuovo in corsa fra i leader della transizione.
  • India: Ha aumentato le emissioni del 174% dal 1990 al 2022, ma è ancora uno dei Paesi con le emissioni pro capite più basse (2,8 tCO2eq/abitante). Nel 2023 ha investito 31 miliardi di dollari nelle energie rinnovabili. L’India affronta la sfida di costruire una nuova superpotenza globale puntando da subito sulla transizione green.
  • UE: Ha ridotto le emissioni del 27% dal 1990 al 2022. Con un investimento di 360 miliardi di dollari nel 2023, l’UE si impegna a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. L’UE è l’unica ad aver ridotto le emissioni rispetto al 1990.

Benchmark tra i Paesi europei

  • La valutazione dei 27 Stati membri mostra le diverse performance nella corsa alla neutralità climatica in base a 22 indicatori appartenenti a 8 macro categorie:
  • Emissioni: L’Italia ha ridotto le emissioni del 20% dal 1990, un dato inferiore alla media UE del 29%. L’Italia si colloca quindi al di sotto della media europea in termini di riduzione delle emissioni. Le emissioni di gas serra nei settori sotto il Regolamento Effort Sharing (Edifici, Trasporti, Agricoltura e gestione dei rifiuti) sono diminuite del 19% in Italia tra il 2005 e il 2022, leggermente meglio della media UE, ma peggio di Francia, Spagna e Germania. Inoltre, l’Italia è l’unico grande Paese europeo a non aver rispettato il limite target annuale del 2022.
  • Efficienza Energetica: I risparmi energetici in Italia sono inferiori alla media UE. Questo indica che l’Italia deve fare di più per migliorare l’efficienza energetica dei suoi edifici, dei trasporti e delle industrie. Tra il 2000 e il 2021, l’Italia ha conseguito un risparmio energetico del 19%, una delle performance più basse dei 27 Paesi UE, leggermente peggiore della media UE del 20%.
  • Rinnovabili: La quota di energia da fonti rinnovabili in Italia è del 19%, inferiore alla media UE del 23% e di tutte le grandi economie, ad eccezione della Polonia. Per quanto riguarda i consumi elettrici da fonti rinnovabili, l’Italia si attesta al 37%, sotto la media UE del 41%. Nel 2023, l’Italia ha installato 5,7 GW di nuovi impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, mentre la Germania ha raggiunto un record di 18 GW.
  • Industria: Nel settore industriale, l’Italia ha conseguito un risparmio energetico del 26% negli ultimi vent’anni, superando la media UE del 21% e mantenendosi in linea con le altre grandi economie, ad eccezione della Polonia. Inoltre, la quota di consumi elettrici nel settore industriale italiano è del 39%, superiore alla media UE del 33%, posizionandosi tra le più alte dei 27 Paesi.
  • Trasporti: Il settore dei trasporti rappresenta una delle principali sfide per l’Italia, che deve ridurre significativamente le emissioni di CO2, migliorare l’efficienza dei veicoli e incentivare l’adozione di veicoli elettrici.
  • Edifici: L’efficienza energetica degli edifici italiani è ancora inferiore alla media europea. È essenziale potenziare gli incentivi per la ristrutturazione e l’efficienza energetica degli edifici residenziali e commerciali.
  • Agricoltura: L’agricoltura italiana deve affrontare sfide importanti per ridurre le emissioni di gas serra, migliorando le pratiche di gestione del suolo e delle risorse idriche.
  • Vulnerabilità climatica: L’Italia ha subito danni economici superiori alla media europea a causa di eventi meteo-climatici estremi. Questa vulnerabilità sottolinea l’urgenza di adottare misure di adattamento ai cambiamenti climatici e di ridurre le emissioni di gas serra. Dal 1980 al 2022, l’Italia ha subito perdite economiche pari a 1.918 € per abitante, superiori alla media europea, ma inferiori rispetto a Germania, Spagna e Francia.

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