È in arrivo il nuovo Piano Energia e Clima (PNIEC): entro fine giugno la versione aggiornata del Piano con gli obiettivi al 2030 dovrà essere inviata alla Commissione europea dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Infatti, con il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima vengono stabiliti gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché gli obiettivi in tema di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell’energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile, delineando per ciascuno di essi le misure che saranno attuate per assicurarne il raggiungimento. Una volta approvato dall’UE il piano avrà durata decennale.
“80 gigawatt rinnovabili entro 2030”
“Nel nuovo Piano Nazionale Energia e Clima prevedremo 80 gigawatt di rinnovabili nei prossimi sette – otto anni, per ribaltare la proporzione con le fonti fossili” ha annunciato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Gilberto Pichetto, intervenendo al Forum PA, al convegno “Politica, tecnologie e infrastrutture per la sicurezza energetica di lungo periodo”. Tra i temi affrontati il PNRR, sul quale Pichetto ha ricordato “l’impegno del governo per la semplificazione, con interventi sullo sblocco delle rinnovabili, la corsia veloce sull’idrogeno, le liberalizzazioni del ‘minieolico’ e dell’agrovoltaico”.
Si è da poco conclusa il 26 maggio 2023, la consultazione online voluta dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE): un questionario per acquisire le opinioni di cittadini, associazioni, portatori di interesse e istituzioni per garantire un processo inclusivo dell’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) 2021-2030 che sarà presentato entro giugno alla Commissione UE. Il questionario online rappresenta la fase iniziale di un processo di informazione e condivisione a vari livelli – con cittadini, industrie, operatori del settore, regioni, comuni, parlamento – che durerà fino a giugno 2024, data di presentazione alla Commissione europea della versione definitiva del PNIEC, e che comprenderà anche strumenti di consultazione sul testo più strutturati, come la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), e canali istituzionali come la Conferenza Unificata.
Il PNIEC attuale è stato pubblicato a ottobre 2020 e già allora veniva suggerito all’Italia di migliorare la detrazione fiscale sulla riqualificazione energetica degli edifici e di riorientare gli aiuti pubblici alla ristrutturazione di edifici pubblici e privati. Veniva inoltre suggerito di sfruttare meglio il potenziale dei dialoghi multilivello sul clima e l’energia, in particolare con le autorità regionali, locali, la società civile, comunità imprenditoriali e così via. Ancora, in ambito di sicurezza energetica, è stato richiesto all’Italia di precisare le misure di diversificazione e di riduzione della dipendenza energetica a sostegno degli stessi obiettivi di sicurezza energetica delineati nel Piano. Tuttavia, questo è stato fatto solo in parte nella versione finale, tanto che la Commissione ha specificato che il Piano non tiene sufficientemente conto degli altri Stati Membri connessi, né dei rischi specifici dei territori isolati (in particolare Sardegna e Sicilia).
A ciò si aggiungono altre lacune e necessità di aggiornamenti, anche alla luce dei nuovi obiettivi climatici ed energetici e l’obbligo di interventi di efficienza energetica che l’UE si è data, che prevedono l’azzeramento delle emissioni al 2050 e per i quali il PNIEC al 2030 costituisce la tappa intermedia.
2030: “coesistenza tra generazione utility scale e di piccola taglia”
Secondo lo studio OIR “Il ruolo delle Regioni nella implementazione del PNIEC e nel raggiungimento dei target di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile” di Elettricità futura, l’Italia, come noto, intende perseguire un obiettivo di copertura, nel 2030, del 30% del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili (consumo finale lordo di energia di 111 Mtep, di cui circa 33 Mtep da fonti rinnovabili). Tale target, individuato dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) ancora in fase di discussione, è assolutamente sfidante:nel prossimo decennio la potenza fotovoltaica installata dovrà triplicare e l’eolico raddoppiare rispetto all’esistente (Figura 1.1.1).
Secondo lo studio OIR- Elettricità Futura, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030, sarà necessario puntare su un modello che preveda la coesistenza tra generazione utility scale e di piccola taglia. Se la prima infatti deve scontrarsi con i limiti connessi alla disponibilità dei terreni, la generazione distribuita sul territorio sconta invece alcuni limiti intrinseci:
- È difficile movimentare una massa di investimenti nel fotovoltaico nell’ordine dei 3 GW/anno solo con investimenti delle famiglie e degli imprenditori, se non con una mole di incentivi che il sistema Italia non si può più permettere.
Tuttavia, si riscontrano numerosi sviluppi di impianti utility-scale in grid parity che presentano i seguenti punti di forza:
- Gli impianti utility-scale sono costantemente monitorati e manutenuti e spesso sono oggetto di interventi di ammodernamento in grado di aumentarne significativamente la produzione.
- I costi di generazione del fotovoltaico utility-scale sono competitivi rispetto a quelli di mercato: lo sviluppo non avrà quindi alcun impatto sulle bollette né sono richiesti esenzioni da oneri di sistema da ripartire sugli altri consumatori.
In questo quadro, le Regioni avranno un ruolo centrale nel raggiungimento (o meno) dei target al 2030. Il processo autorizzativo coinvolge direttamente il livello regionale e locale. Tutti gli obiettivi, quindi, dovranno essere inseriti nei vari contesti normativi e programmatori locali secondo meccanismi di “burden sharing”, o anche di semplice coinvolgimento, ancora da definire. Inoltre, ogni Regione ha un proprio “modus operandi” che potrebbe non agevolare una rapida implementazione degli obiettivi del PNIEC. Infine, si è alla vigilia dell’approvazione di nuove intese tra lo Stato a alcune Regioni che potrebbero mutare anche in modo significativo la ripartizione di competenze in materia ambientale e autorizzativa. Il quadro appare, dunque, oltre che complesso fortemente evolutivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA