Superbonus, una soluzione per evitare il blocco del settore c’è ed è quella del ritiro dei crediti da parte di CDP” spiega Italia Solare, che, pur comprendendo le ragioni che hanno indotto il Governo a porre un freno alla cessione dei crediti maturati per interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione edilizia degli edifici, ritiene che si debbano trovare adeguate soluzioni per gli interventi già effettuati e, per il futuro, puntare su soluzioni sostenibili per il bilancio pubblico che assicurino a famiglie e imprese benefici durevoli come portare la detrazione fiscale dal 50% al 65% in cinque anni per le famiglie e le PMI che vogliono installare un impianto fotovoltaico.
Il 16 febbraio il Governo ha normato il blocco alla cessione del credito e allo sconto in fattura del Superbonus con un decreto-legge entrato in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 17 febbraio che sta causando le proteste delle associazioni di categoria. (Leggi qui il nostro approfondimento “Cosa cambia con il blocco alla cessione del credito”).
La soluzione al problema attuale: il ritiro dei crediti da parte di CDP
Quanto agli interventi già effettuati, occorre fare in modo che i crediti maturati, anche nella disponibilità di imprese e istituti finanziari, siano effettivamente fruibili, sia per non tradire la fiducia riposta nello Stato, sia per evitare il fallimento di migliaia di aziende. A questo proposito, si ritiene che, con opportune garanzie, il ritiro da parte di CDP dei crediti maturati possa rappresentare una soluzione praticabile, anche perché CDP non rientra nel perimetro della pubblica amministrazione, e quindi i crediti da essa ritirati non dovrebbero costituire debito pubblico. In alternativa, si suggerisce di offrire agli istituti finanziari la possibilità di usare i crediti d’imposta per compensare i pagamenti effettuati dai propri clienti con il modello F24, tenuto conto dell’ampia gamma di tributi e contributi che vengono pagati con questo modello.
Le soluzioni per il futuro
Per quanto riguarda il futuro dei bonus, si formulano alcune proposte relative al fotovoltaico, settore rappresentato da Italia Solare, con due indispensabili premesse:
- Nel 2022, quasi la metà della potenza fotovoltaica installata ha avuto accesso alla detrazione 110% Superbonus; dunque, un blocco totale e indiscriminato della cessione dei crediti potrebbe avere pesanti conseguenze sugli obiettivi di crescita del fotovoltaico, indispensabili per migliorare la sicurezza energetica, contenere i costi e ridurre le emissioni inquinanti e climalteranti;
- gli impianti fotovoltaici in autoconsumo (vale a dire impianti la cui produzione energetica è usata immediatamente per coprire i consumi delle famiglie o aziende cui l’impianto è asservito) sono una delle principali soluzioni per contrastare il carobollette e disporre di energia a costi contenuti e stabili. Pertanto, il sostegno pubblico agli impianti fotovoltaici in autoconsumo non va visto come sostegno al fotovoltaico, ma come misura strutturale ed essenziale per alleggerire le bollette di aziende e famiglie.
Italia Solare ritiene che il rafforzamento del sostegno al fotovoltaico in autoconsumo possa essere ottenuto con un rafforzamento di una misura già esistente e diversa dal Superbonus, che consente la detrazione del 50% delle spese sostenute per l’impianto fotovoltaico (anche comprensivo di sistema di accumulo dell’energia prodotta), da ripartire in dieci rate annuali di pari importo. Attualmente, la misura è a beneficio solo delle famiglie e solo per impianti di potenza massima di 20 kW. Italia Solare richiede che:
- possano accedere alla misura anche le piccole e medie imprese;
- l’aliquota detraibile sia incrementata dal 50 al 65%;
- la detrazione si possa ripartire in cinque o dieci rate annuali, a scelta del beneficiario.
In questo ambito, si invita a consentire la cessione del credito per i soggetti incapienti, vale a dire con un livello di tassazione inferiore alla somma detraibile, per permettere anche alle famiglie e alle imprese a basso reddito di beneficiare della misura. La possibilità di cessione dovrebbe essere considerata anche per gli enti del terzo settore, le organizzazioni di volontariato, le onlus e le associazioni di promozione sociale, in quanto non hanno imponibili propri.
«Questo stop improvviso dello sconto in fattura e della cessione del credito per qualsiasi incentivazione sull’efficienza energetica in edilizia senza cercare alternative attraverso un confronto costruttivo con gli stakeholder è grave. – afferma il presidente del Coordinamento FREE, Livio de Santoli – Si è di fatto rallentato il lavoro fatto d’oltre dieci anni sulla ristrutturazione edilizia, in un paese che ha uno dei parchi immobiliari tra i più energivori – e dunque costosi da gestire – in Europa ed è anche fortemente sismico. Senza cessione del credito diventa difficile sostenere le politiche di riqualificazione edilizia nel futuro, specialmente per tutte quelle fasce di popolazione per le quali la sola detrazione fiscale in più anni non è accessibile, come gli incapienti sul piano dell’Irpef, le persone a basso reddito e gli anziani. Spesso si tratta di soggetti per i quali il caro bollette rappresenta una grande differenza dal punto di vista della qualità della vita, che non possono o faticano ad anticipare il 100% delle spese da sostenere o ad attivare un finanziamento. Si dovrebbero piuttosto sviluppare adeguati meccanismi finanziari per rendere l’efficienza energetica più attraente per l’intera filiera costruendo una linea di sviluppo industriale nazionale, inserita in una strategia energetica pluriennale, con strumenti strutturali migliorati sulla base delle esperienze di questi anni ».
Le altre ipotesi sul tavolo
Tra le ipotesi al vaglio del Governo, dopo la riunione del 22 febbraio al MEF alla quale hanno preso parte la Presidenza del Consiglio, Mase, Mimit, Mit, Agenzia delle entrate, Cdp, Sace e le associazioni Abi, Ance, Confedilizia, Confindustria, Confapi, Alleanza Cooperative italiane, Confartigianato, Cna, Confimi, Rete professioni tecniche, Casartigiani, Confcommercio, Confassociazioni e UPPI, vi è quella di usare gli F24 per sbloccare i circa 20 miliardi di crediti incagliati. Alcune fonti di stampa riportano di come il governo potrebbe usare gli F24 solo per le banche che hanno esaurito la propria capienza fiscale.
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