Produrre energia attraverso un impianto fotovoltaico è la soluzione di fronte al crescente fenomeno del caro energia e favorisce il risparmio energetico di un’impresa, ma è necessario incrementare nettamente l’installazione di nuovi impianti fotovoltaici per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di crescita delle rinnovabili definiti dai piani nazionali ed europei.
Nel 2022 il fotovoltaico passerà la soglia dei 1.000 GWp a livello globale e nei quattro anni successivi più che raddoppierà, installando ulteriori 1.400 GWp. Nei prossimi cinque anni il 95% di tutta la nuova capacità elettrica arriverà da rinnovabili e più del 50% sarà rappresentata dal fotovoltaico . Il motivo di questi numeri è molto semplice: solare ed eolico sono le soluzioni più economiche a livello globale. Questi i dati annunciati da Paolo Frankl, Direttore Energie Rinnovabili di IEA all’apertura del Forum di Italia Solare, tenutosi ad inizio dicembre 2021.
Ciò appare significativo soprattutto dal 1 gennaio 2022, quando secondo quanto stabilito dall’Autorità di regolazione Energia Reti e Ambiente (ARERA) ci sarà un aumento per l’elettricità del 55% e per il gas del 41,8%, riflesso di una tendenza alla crescita esponenziale delle quotazioni a livello internazionale del prezzo della CO2 nonché delle materie prime energetiche. Nonostante l’intervento del Governo con la Legge di Bilancio, nella bolletta elettrica delle famiglie e delle imprese italiane questo aumento con il nuovo anno inciderà in modo pesante, andando ad indebolire l’incoraggiante ripresa economica in atto.
Con un prezzo della materia prima gas esploso a un livello che supera di oltre il 500% quello del terzo trimestre 2020 (hub TTF), il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica è salito ai suoi massimi dall’avvio della borsa elettrica italiana (aprile 2004): 157 €/MWh la media di settembre 2021 e 124 €/MWh la media del terzo quarto dell’anno, con una variazione congiunturale del 66% e tendenziale del 193%.
Dietro questo rincaro dei prezzi c’è la nostra dipendenza dalla generazione elettrica tramite il gas naturale (circa il 40% del totale) e l’altrettanto elevato prezzo del metano, che adesso in Europa ha un prezzo medio che raggiunge i 90 €/MWh, contro i 25 € di sei mesi fa.
A garantire una parziale riduzione dei rincari, nella manovra del Governo vi è l’annullamento transitorio degli oneri generali di sistema in bolletta e il potenziamento del Bonus Sociale riservato alle famiglie meno abbienti. I nuovi fondi della legge di Bilancio, in totale 3,8 miliardi, anche se in aumento rispetto a quanto stanziato nello scorso trimestre, non saranno sufficienti: a ottobre l’energia aveva costi inferiori, praticamente la metà di quelli attuali.
Infatti, come ha ricordato Italia Solare nel suo Forum di inizio dicembre scorso, si sarebbe dovuta potenziare la diffusione degli impianti fotovoltaici industriale o residenziale (qui il nostro approfondimento). L’Italia ha raggiunto il traguardo del primo milione di impianti fotovoltaici, ma dal 2014 a oggi le nuove installazioni italiane, con una media annuale di meno di 500 MWp, continuano a essere insufficienti per ridurre significativamente la dipendenza dal gas e quindi per evitare o limitare gli aumenti dei prezzi dell’energia.
I dati parlano chiaro:“Siamo ancora molto lontani dagli obiettivi. A fine 2021 raggiungeremo i 22,4 GWp totali, quasi un terzo della Germania che coi suoi quasi 60 GWp garantisce al sistema energetico tedesco un significativo vantaggio, in termini di costi dell’energia, a favore delle imprese tedesche rispetto a quelle italiane” ha spiegato Paolo Rocco Viscontini.
Eppure oggi il fotovoltaico è l’unica soluzione immediatamente disponibile e di lungo termine contro il caro bollette. Già in passato il solare ha dimostrato di contribuire in modo sostanziale alla riduzione dei prezzi dell’energia: tra il 2008 e il 2014 si è registrato un calo del 40% del prezzo dell’energia, “senza contare che è anche la soluzione principe per risolvere la crisi climatica ed è la tecnologia che crea più occupazione: da 2 a 6 volte più posti di lavoro rispetto alle altre tecnologie di produzione elettrica”, aggiunge Paolo Rocco Viscontini.
Secondo Italia Solare, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del fotovoltaico al 2030 e oltre è necessario dare massima priorità alla definizione degli obiettivi regionali e delle aree idonee, tra le quali dovrebbero rientrare da subito aree industriali, cave, discariche e aree agricole abbandonate. “La tutela dell’ambiente e della salute non deve dipendere dalla tutela del paesaggio”, ha detto Paolo Rocco Viscontini con riferimento ai continui stop autorizzativi causati dalle sovrintendenze, con danni giganteschi per tutti gli italiani e per il paesaggio stesso, che pagherà a caro prezzo (e in realtà già sta pagando) queste opposizioni, in termini di siccità e dissesti idrogeologici causati dai sempre più frequenti eventi climatici catastrofici.
Ma dove insistere per adeguare il mercato elettrico alla quanto mai necessaria transizione energetica? Il Mezzogiorno può e deve diventare l’area del Paese in cui sviluppare maggiormente quella parte della transizione ecologica che riguarda lo sviluppo delle energie rinnovabili, e in particolare del fotovoltaico e dell’eolico. Lo sostiene un Report della SVIMEZ redatto con la collaborazione scientifica di REF Ricerche e che ha avuto come sponsor Enel Green Power, presentato il 21 dicembre scorso: “Le prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili in Italia e nel Mezzogiorno. Stato dell’arte e valutazione di impatto degli investimenti nel settore eolico e fotovoltaico.”
Il Rapporto evidenzia, infatti, che il Mezzogiorno può assumere un ruolo di guida, relativamente allo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico, ambiti nei quali si registra già un buon posizionamento dell’Italia in Europa e delle regioni meridionali rispetto al resto del Paese.
Muovendo dall’analisi degli obiettivi indicati dal PNIEC e dagli altri più recenti documenti di programmazione, la SVIMEZ ha calcolato il costo necessario ad attivare i nuovi impianti eolici e fotovoltaici ‒ così da centrare gli obiettivi di decarbonizzazione ‒ e il conseguente volume di investimenti teoricamente necessario per la loro realizzazione. Allo stesso tempo, è stata effettuata una valutazione dell’impatto macroeconomico, nazionale e a livello di singole regioni, di tali potenziali investimenti, con orizzonte temporale al 2030.
Nel complesso, sarebbero necessari investimenti per oltre 82 miliardi di euro a livello nazionale, la cui distribuzione privilegerebbe le regioni meridionali, verso le quali sarebbe necessario destinare circa 48 miliardi di investimenti, pari al 58,9% del totale. Questa mole di interventi genererebbe, su scala nazionale, un incremento nel valore della produzione ‒ al netto delle attività non market ‒ di 148 miliardi di euro; per ogni euro di investimento se ne creerebbero 1,8 nell’intero sistema economico. Il Valore aggiunto addizionale sarebbe pari a 55 miliardi di euro.
L’impatto, in termini di incidenza del Valore aggiunto attivato sul Pil sarebbe pari al +3,1% sul 2019 a livello nazionale; anche in questo caso sarebbe maggiormente rilevante nelle regioni del Mezzogiorno (+5%) rispetto al Centro- Nord (+2%). L’incidenza sul Pil sarebbe particolarmente significativa in Basilicata (17,3%), Molise (10,3%), Puglia (8,0%) e Sardegna (5,8%).
Gli investimenti complessivamente ipotizzati sarebbero tali da attivare, nell’intero periodo, 373 mila occupati aggiuntivi, di cui 156 mila nelle regioni meridionali e la parte restante, pari a 164 mila, in quelle del Centro-Nord.
Le condizioni affinché ciò avvenga presuppongono lo sviluppo di una nuova capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili, andando a rimuovere tutti gli ostacoli e le barriere che in qualche misura frenano tale processo. In particolare:
- Bisogna ridurre e rendere certi i tempi degli iter autorizzativi.
- Debbono essere individuate le aree che risultano idonee ad ospitare impianti per le rinnovabili coniugando esigenze produttive con la tutela dell’ambiente; il Report evidenzia come l’impatto sul consumo di suolo funzionale ad accrescere gli impianti sarebbe comunque estremamente contenuto.
- È necessario che gli interventi assunti dal decisore pubblico siano affiancati da quelli dei principali operatori del mercato;
- È indispensabile agevolare un’ampia accettazione politica e sociale degli impianti rinnovabili come fattore abilitante alla transizione energetica, favorendo il dialogo tra cittadini, Istituzioni e gli stakeholder interessati.
Per le autorizzazioni, la semplificazione auspicata con la Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) per impianti su terreni industriali, cave e discariche purtroppo non sta funzionando perché il MITE ha precisato che, per evitare rischi di artati frazionamenti, le linee di connessione devono seguire gli iter autorizzativi standard in presenza di vincoli (che come noto sono sempre presenti lungo le linee), anche in presenza di cavi interrati, nonostante le normative vigenti prevedano il contrario. Ancora una volta non si è stati capaci di semplificare per davvero. Si auspica che il MITE collabori con gli operatori prima di uscire con provvedimenti che alla fine risultano ottenere risultati opposti rispetto a quelli attesi e pure dichiarati.
Si è quindi ricordato che la transizione energetica, meglio definita dal Prof. Lorenzoni, uno dei relatori del Forum, “svolta” energetica, necessita di un’adeguata evoluzione del mercato per consentire una corretta e ampia partecipazione delle FER, degli accumuli e della domanda. Per questo occorre definire rapidamente e in modo chiaro i servizi ancillari che potranno essere forniti dai produttori di energia rinnovabile, prestando attenzione a evitare conflitti di interesse dei soggetti deputati a scrivere le regole o a fornire le informazioni utili a tutti gli operatori.
L’obiettivo che occorre porsi è infatti di aiutare tutti coloro che riescono ad autoprodurre l’energia elettrica e termica di cui hanno bisogno, di spingere i progetti che permettono a famiglie, condomini, distretti di imprese, aziende, utenze distribuite di ridurre gli approvvigionamenti dalla rete o, addirittura, diventare indipendenti, attraverso moderni impianti da fonti rinnovabili integrati con misure di efficienza energetica. In questo scenario i soggetti protagonisti saranno sempre più i prosumer, ossia i produttori-consumatori, ed oggi diventa possibile creare le condizioni per cui si possa beneficiare di un sistema energetico distribuito che premia chi risparmia energia, chi la autoproduce da impianti puliti, chi investe nella gestione delle reti energetiche e nell’accumulo.
Per quanto riguarda il Capacity Market, che dal 1° gennaio 2022 causerà aumenti alle bollette degli italiani per 1,2 miliardi di euro nel solo 2022, per salire ulteriormente negli anni seguenti, Italia Solare si era espressa chiaramente sottolineando come si sarebbero potuti risparmiare importanti somme se le installazioni fotovoltaiche non fossero state così basse dal 2014 a oggi e se le previsioni di Terna avessero considerato i GWp fotovoltaici ed eolici previsti nel PNIEC con ben più GW di stoccaggi di quelli considerati attualmente nel PNIEC.
Il Presidente di Italia Solare, Paolo Rocco Viscontini aveva aggiunto come si stesse probabilmente sottovalutando il potenziale degli accumuli per le nuove installazioni: il PNIEC prevede 10 GW al 2030 quando invece si potrebbero installare molte decine di GW visti i trend di crescita delle capacità produttive e di decrescita dei prezzi. Risultato: una sovracapacità pressoché certa, con centrali a gas che tra pochi anni prenderanno importanti somme per non funzionare mai, con costi per gli italiani molto elevati.