Focus sulla transizione energetica e decarbonizzazione al recente G7 dei Ministri dell’energia e dell’ambiente del 25-27 maggio 2022, in questa occasione allargato al Giappone, il vertice dei ministri dell’Energia e dell’Ambiente di Berlino, a cui ha preso parte anche il Ministro della Transizione Ecologica Cingolani. Le conclusioni si trovano in un comunicato finale scritto dai sette Paesi partecipanti (Usa, Regno Unito, Germania, Francia, Giappone, Canada e Italia) da cui emerge la novità più rilevante: lo slittamento al 2035 – era previsto al 2030 – dello stop ai combustili fossili per la produzione di energia elettrica, e l’impegno entro il 2022 a mettere un fermo ai fondi per le centrali di combustibili fossili come gas, petrolio e carbone.
Durante l’ultima riunione del G7, una speciale attenzione è stata posta quindi sulla transizione energetica e sull’utilizzo del carbone. I paesi membri hanno raggiunto l’accordo per la decarbonizzazione che secondo la road map sarà ultimata appunto entro il 2035 con una conversione della gran parte del trasporto su strada entro il 2030. Proprio quest’ultima affermazione “gran parte” lascia però perplessi sull’effettiva portata della transizione energetica promessa. La decarbonizzazione del settore civile dei trasporti: auto, autobus, camion e qualsiasi altro mezzo di mobilità con sistemi di accumulo integrati è un obiettivo importante. Mentre, per il trasporto pubblico pesante, come navi, treni e aerei il passaggio è stato stabilito al 2050, quando la ricerca e l’innovazione in nuovi carburanti a zero o basse emissioni inquinanti, tra cui l’idrogeno, avrà raggiunto un livello ottimale, anche sul piano industriale.
Tutti d’accordo i ministri del G7 sullo slittamento temporale di cinque anni. Per il Ministro della transizione ecologica Cingolani “È stata una discussione estremamente densa” della quale condivide pienamente il comunicato conclusivo, che rappresenta un passo avanti rispetto al G20 del 2021, rispetto all’ultimo G7 e alla Cop 26″.
In precedenza, il Ministro Cingolani aveva reso un’informativa in vista del G7 in cui sosteneva che “L’Unione europea, anche alla luce della situazione odierna, deve accelerare i programmi di efficienza energetica e di sviluppo delle rinnovabili; ma è necessario ampliare il raggio di intervento, coinvolgendo i Paesi che emettono maggiori emissioni. La Presidenza tedesca ha una proposta ambiziosa: un Club del clima, esteso ai Paesi del G20, ai Paesi emergenti e in via di sviluppo. Occorre infatti promuovere partnership internazionali per sostenere Paesi emergenti e in via di sviluppo nella transizione ecologica. Sul tema energia, saranno discussi sette punti: la riduzione del 30 per cento delle emissioni di metano (l’Italia ha avanzato una proposta sul biometano che è stata accolta); l’impatto sulla sicurezza energetica dell’aggressione russa (l’Italia propone misure di mitigazione del prezzo dell’energia); l’eliminazione dei sussidi nazionali inefficienti alle fonti fossili entro il 2025 (l’Italia sostiene che non esistono sussidi efficienti alle fonti fossili); l’idrogeno quale elemento chiave per una piena decarbonizzazione (l’idrogeno verde è una priorità per l’Italia); la decarbonizzazione delle industrie per favorire la neutralità climatica; l’efficienza energetica degli edifici; la rimozione degli ostacoli allo sviluppo delle fonti rinnovabili.”
Al G7, si è stabilita inoltre entro la fine del 2022, l’interruzione dei finanziamenti alle centrali termoelettriche a carbone e gas all’estero, in particolare a tutti quegli impianti che non integrano tecnologie di cattura, stoccaggio e riuso della CO2 emessa (soluzioni CCUS, Carbon Capture Usage and Storage). Il divieto di finanziamento riguarda appunto unicamente i progetti privi di tecnologie di cattura delle emissioni di anidride carbonica prodotte. Una decisione controversa, considerato che le tecnologie attuali non sono in grado di catturare il 100% dei gas serra emessi dalla combustione di fonti fossili.
Il massiccio ricorso ai combustibili fossili dalla Russia ed il loro notevole aumento del prezzo in seguito della guerra, ha costretto numerose economie europee a velocizzare i piani per fonti di energia alternative. Senza dubbio, le rinnovabili dovrebbe rappresentare l’obiettivo primario. Su questo punto il G7 è stato chiaro: l’incremento della diffusione delle energie rinnovabili non avrà – secondo i sette Paesi partecipanti – solamente un impatto sul cambiamento climatico, ma anche sulle economie. La prospettiva è di circa “2,6 milioni di posti di lavoro” che potrebbero essere creati nei prossimi dieci anni dalla transizione a fonti pulite di energia, si legge nel comunicato finale del meeting.
A novembre prossimo, ci sarà la riunione del G20 quando i rispettivi ministri dell’ambiente e dell’energia si incontreranno, probabilmente per estendere lo stesso piano ad ulteriori economie.